Valdaveto.net > Usi, costumi, tradizioni, racconti e leggende > Raccolta di articoli apparsi su 'Il Giornalino della Val Vobbia' > Il tannino
di Maria Ratto
articolo tratto da Il Giornalino della Val Vobbia (n° 18, inverno 1999 - 2000)
Il tannino, come si sa, veniva usato nella concia delle pelli.
A Isola del Cantone e a Ronco fino a non molti anni fa c'erano parecchie concerie che avevano
bisogno di questa preziosa sostanza ed era logico che la cercassero soprattutto nel vicinato.
Più o meno fino agli anni venti il tannino, almeno qui da noi, veniva ricavato dalla corteccia della quercia e della rovere.
Non bisogna però credere, come fa ancora qualcuno, che queste piante venissero scortecciate
mentre erano in piedi, come si fa con le querce da sughero le quali non soffrono
per la scortecciatura in quanto il sughero è una seconda corteccia che anzi, è
necessario togliere circa ogni sette anni.
Per le nostre querce e le nostre
roveri era ben diverso.
Per prendere la corteccia si dovevano abbattere le
piante quando erano nel pieno vigore, cioè a primavera avanzata, quando la linfa
scorre abbondantemente fra la corteccia e il legno. In questo modo la
scortecciatura avveniva facilmente. C'era però un grosso inconveniente: spesso
le piante non ricrescevano, anche la ceppaia ne soffriva e seccava, quindi c'era
il pericolo che i nostri boschi cedui venissero privati di tutte le piante di
quercia e di rovere.
Il taglio delle querce fuori stagione cessò perchè una
provvidenziale e saggia legge del governo fascista lo proibì. Finì quindi questa
fonte di guadagno.
Ne sorse però un'altra. Nella seconda metà degli anni
trenta, dopo l'apertura della strada Vobbia- Isola avvenuta nel 1935, si
cominciò a estrarre il tannino dai tronchi di castagno.
Si iniziò il taglio
delle piante dei boschi più lontani, dove era difficile la raccolta delle
castagne, soprattutto da parte di persone che non avevano la possibilità di
farla personalmente, ne di farla fare da altri. Questo lavoro durò fino agli
anni cinquanta, tolta la parentesi della guerra.
La vendita delle piante dava
un utile immediato, il fondo restava ai proprietari e le piante sarebbero
ricresciute.
I tronchi privati della corteccia, segati in pezzi uguali,
venivano convogliati sulla strada a mezzo di teleferiche, quindi caricati su
carri o camion e portati a Serravalle dove una fabbrica macinava il legno e ne
estraeva il tannino.
Quando la fabbrica di Serravalle chiuse se ne aperse una
in un paese di riviera per noi troppo scomodo.
Nel frattempo il tannino fu
ricavato da altre piante come il quebracio dell'Argentina e infine prodotto
chimicamente.
Da allora i boschi di castagno tagliati sono cresciuti
rigogliosamente e, anche se selvatici, producono ancora castagne. Inoltre hanno
tronchi grandi, lunghi e diritti che costituiscono un potenziale legname da
opera. Ma nessuno ci va più né a raccogliere castagne né a fare legna. Alcuni
boschi sono diventati impenetrabili perché invasi dal sottobosco ma sopratutto a
causa della galaverna che li ha colpiti più di una volta.
Links
- Indice tematico degli articoli apparsi su 'Il Giornalino della Val Vobbia'
- Il calendario celtico degli alberi
- Ricordi d'altri tempi - Quando una donna 'aspettava famiglia'
- Ricordi di altri tempi - Quando la vita era meno frenetica
- Il Lain e il prevosto
- Emigrazione dalla località Villa Garba ad inizio XX secolo
Pagina pubblicata il 4 maggio 2005, letta 11323 volte dal 23 gennaio 2006
Per esprimere un commento su questo articolo si prega di contattare la redazione via e-mail