Valdaveto.net > Il territorio della Val d'Aveto e delle valli limitrofe > C'era una volta il Rio dei Molini
di Cristoforo Campomenosi
articolo scritto, indicativamente, intorno all'anno 1998
"...Ma la cosa più bella di questo meraviglioso paesino - scriveva un anonimo turista ad una sua amica piacentina a metà degli anni '50 - oltre ai maestosi massicci rocciosi del Maggiorasca e del Groppo Rosso, è il torrente che lo attraversa.
Non so che nome abbia: in alto lo chiamano Lanatorta, in basso Rio dei Molini. Qui in paese è semplicemente denominato "u Fussau".
Alimentato dalle ricche sorgenti che scaturiscono ai piedi del Maggiorasca, arriva a Santo Stefano dopo aver saltellato in mezzo al bosco tra neri roccioni e splendidi laghetti.
Giunto a monte dell'abitato si riposa lungo un bel pianoro chiamato Gera, serpeggiando in mezzo al verde fino alle case della Rovina. Qui, prima di precipitare nuovamente verso valle e separare il paese in due parti (unite tra loro dall'antico e storico Ponte dei Bravi), si sofferma tra ghirigori e mulinelli nella pittoresca armonia del luogo chiamato "tre ponti": uno è il viadotto della strada carrozzabile che porta al Castello, l'altro è un antico ponticello che dalla Rovina sale verso la Chiesa e l'ultimo è una deliziosa passerella in legno che conduce alla Fonte dei Doria, zampillante proprio ai piedi dell'arcata del primo ponte.
Dalla Rovina, passeggiando verso monte, si può costeggiare la riva destra del torrente, lungo orti e campi di trifoglio, fino incontrare più in alto un'altra passerella che porta sulla sponda opposta, da cui si scende, attraverso la strada fiancheggiante la riva sinistra, fino al punto di partenza. Tutto il percorso, poco meno di un chilometro, è stato sistemato con lastre di pietra locale, mentre qua e là graziose panchine in arenaria permettono di sostare e rilassarsi all'ombra di grandi pioppi, frassini e salici. Un vero paradiso...
La mattina vedi passare le mandrie provenienti dal paese e dirette agli alti pascoli del Prato di S. Lorenzo: lo attraversano abbeverandosi alle sue acque trasparenti, che al tramonto verranno nuovamente percorse a guado e lambite dalle mammelle gonfie di latte.
Durante il giorno le lavandaie strofinano e battono i loro panni sulle lisce rocce delle sponde, risciacquandoli nell'acqua corrente, sempre limpida, cristallina e abbondante.
Talvolta il corso diventa grosso e impetuoso, arrivando fino ai margini delle sponde e raramente anche oltre, dove in passato, invadendo qualche terreno adiacente, ha depositato sabbia e ghiaia, per cui appunto il luogo viene chiamato "gera".
Non mi sembra molto ricco di pesci, anche se ho intravisto qualche piccola trota... "
La lettera di cui sopra forse è un po' troppo intrisa di melensa poesia e rievoca un tempo che non tornerà più. Il progresso va avanti, bisogna essere un po' realistici e non si può sempre sognare. Coi sogni, la poesia e i quadretti romantici non si amministra la cosa pubblica.
Vediamo allora come si gestisce un torrente con concretezza e senso pratico, senza i sogni e la poesia.
Anzitutto si captano le sorgenti che lo alimentano per rifornire l'acquedotto, e fin qui tutto bene. O vogliamo morire di sete? Pertanto molta acqua entra nell'acquedotto ed esce sotto forma di fogna all'altezza della Vecchia Centrale: pazienza, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Però l'acqua che non viene utilizzata dall'acquedotto fuoriesce dalle vasche di presa e di deposito, quindi alimenta ancora il torrente. Ma ad un certo punto appena sotto Santo Stefano viene risucchiata nei tubi della nuova centrale, che la rilascia dopo diversi chilometri, quasi in Aveto: pazienza. O vogliamo restare senza corrente elettrica?
Dalla presa d'acqua per la nuova centrale in poi, cioè da Santo Stefano fino all'Aveto il torrente sarebbe quindi praticamente asciutto: pazienza, non esisterebbe e basta. E invece no, eccome se esiste, te ne accorgi subito dall'odore, perché appena sotto il Gropparo se ne esce bella e intatta la cloaca massima: quindi tutto l'ultimo lungo tratto (dalla vecchia centrale all'Aveto) risulta pura fogna: pazienza. O vogliamo andare a fare i nostri bisogni dietro i cespugli? Cioè, adesso che ci penso, pazienza un tubo: provate a fare una visitina e a resistere cinque minuti lungo questo delizioso torrente che "gorgheggiando, saltella e scende dai verdi monti", come recita una canzone locale. Speriamo solo che il depuratore funzioni davvero.
Dopo questa distruzione, eliminazione, essiccazione, infognazione, bisagnizzazione, polceverizzazione, chiamatela come volete, del Rio dei Molini, si pensava che la storia fosse finita e che, distrutto il tutto, non ci restasse che accontentarci di quel poco che restava del breve tratto descritto all'inizio.
E invece no: il genio civile con un colpo di "genio" e con l'entusiastico benestare delle amministrazioni locali, ha ritenuto che le povere acque che passavano ancora per Santo Stefano avessero bisogno di un alveo grande e mastodontico, perché potrebbe venire una piena seicentennale (!) che porterebbe danni al paese.
Ma perché l'alveo deve essere solo allargato? Bisogna renderlo più veloce e percorribile, come fosse un'autostrada. Avete mai visto fiumi che fanno curve? Al Genio Civile, al Comune, alla Comunità Montana non ne hanno mai visto. Per cui il fiume va scavato, incementato, devitalizzato, omogeneizzato, standardizzato, uniformato e ...raddrizzato: sì, avete capito bene, raddrizzato! Una volta si diceva "voler raddrizzar le gambe ai cani", adesso si raddrizzano i fiumi. E se per eliminare le curve si deve buttare giù un ponte stradale, altri ponti pedonali, distruggere orti, strade, piazzole, non importa. Basta che arrivino i soldi, che vengano spesi qui e saremo tutti felici e contenti.
E se domani qualche genio del genio civile (o incivile) o della Comunità Montana o del Comune pensasse che il Monte Groppo Rosso è pericoloso perché da esso può rotolar giù qualche masso, che cosa si farà? Si deciderà di spianarlo. Quanti soldi ci vorranno? Dieci, venti, cento, mille miliardi? Si troveranno, perché questa si chiama prevenzione delle catastrofi naturali, basata sull'assurda convinzione che i movimenti naturali della terra non vadano assecondati, regolati e controllati, ma debbano essere arrestati, imprigionati, ingabbiati, violentati, stuprati, eliminati.
E i soldi non vengono buttati via, non vengono "mangiati", non vanno in tangenti: magari! A queste cose in Italia siamo abituati da un pezzo. I soldi, porco giuda, purtroppo vengono proprio spesi! Spesi a tutta forza per fare degli irreparabili disastri.
Sapevamo già che i finanziamenti pubblici, sia che provenissero dalla Comunità Montana, dalla Provincia, dalla Regione, dallo Stato, dall'Unione Europea o che piovessero direttamente dal Cielo, quasi sempre nel nostro paese (quello con la p minuscola e temo purtroppo anche quello con la P maiuscola) venivano spesi male o buttati via. Ma adesso constatiamo di peggio: sono impiegati per provocare danni!
Di questo fatto, confesso la mia ignoranza, mi sono accorto solo ora, ma penso che invece molti lo vedessero già da tempo. E allora capisco finalmente una cosa, che per me è anche una piccola magra sconsolante consolazione. Quando nel 1985 la popolazione di Santo Stefano mi sommerse di voti (mi ero presentato per fare semplicemente il consigliere comunale), molti volevano a tutti i costi che facessi il sindaco, ed io rimasi sinceramente sconcertato. Ritenevo di non essere in grado, come lo ritengo a maggior ragione ancora adesso.
Però spesso mi sono domandato come mai molta gente volesse come sindaco un tipo simile: magari anche buono e onesto, ma senza grinta, incapace di decidere su qualsiasi cosa, di battere i pugni sul tavolo e di cercare finanziamenti, sempre insicuro, perplesso, incerto e privo di "attributi" (in senso puramente metaforico, intendiamoci) e soprattutto pigro. Il senso di quel voto lo capisco solo ora: penso che intuissero che quel tipo, anche non facendo niente (anzi proprio non facendo niente), avrebbe già realizzato una cosa molto importante: non avrebbe provocato guasti. Forse il paese avrebbe anche rischiato di morire, ma sarebbe deceduto di morte naturale, nel suo letto (come il torrente) e con le care sembianze ancora intatte. Non certo nel modo messo in opera da questi grintosi decisi sicuri sapienti risoluti chirughi-macellai, che coi loro bisturi-ruspe lo stanno ammazzando dopo averlo orrendamente sfigurato.
Mentre scrivo queste righe non so ancora chi sarà il prossimo sindaco: che sia " lei" o "lui", mi scuso per lo sfogo e per la rabbia, ma vorrei che ci meditassero un po'.
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Pagina pubblicata il giorno 11 dicembre 2006
(ultima modifica: 05.08.2009), letta 7296 volte
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