Valdaveto.net > Articoli e ricerche di carattere storico > La battaglia di Allegrezze nell'anno 1944
La guerra nella sua logica di distruzione e di morte, sembra rispondere ad una aberrante etica egalitaria,
non risparmiando nulla e nessuno.
Come un ruvido panno passa sull'umanità, privandola di quelle
differenziazioni sociali di cui la collettività stessa si nutre.
Rimane infine l'uomo, nella sua essenza. Nel bene e nel male.
Ecco allora che questa pagina rievocando i drammatici accadimenti della cosiddetta Battaglia di Allegrezze,
rappresenta un vero monito per tutti: non lasciamo mai che la bestia che vive in ognuno di noi prenda il
sopravvento.
Pensiamo al prof. Podestà, al canonico Moglia e al falegname Zaraboldi. Diversi per
formazione e ruolo sociale, ma accomunati da quello che più conta: essere uomini.
Nell'accezione più sublime del termine.
Precisazione: ho riprodotto il documento, desumendolo da una copia fotostatica non in perfetto stato di leggibilità. Alcuni lievissimi errori di trascrizione sono dunque possibili, ma non possono in alcun modo inficiare, i contenuti della testimonianza.
Chiavari 30 giugno 1946
Il sottoscritto dichiara che la sera del 27 agosto 1944 alle ore 17 circa, venne prelevato (arma
alla mano) da due soldati accompagnati da due borghesi che erano stati prelevati in rastrellamento
da una colonna di nazifascisti (gruppo Cadelo di esplorazione della Monte Rosa) ed invitato a recarsi
ad Allegrezze d'Aveto per prestare soccorso medico a feriti nel combattimento in corso con un gruppo di
partigiani che aveva aggredito la colonna stessa.
Il sottoscritto era a La Villa d'Aveto dove aveva la propria famiglia sfollata e da pochi giorni era
venuto a visitarla. Il sottoscritto si fece accompagnare dal figlio del suo padrone di casa sig.
Zaraboldi Costantino ed
insieme ai militari e borghesi suddetti si recò ad Allegrezze che dista circa 1 Km.
Ferveva sempre il combattimento, ivi giunto trovò il parroco Don Primo Moglia dal quale apprese
che lui stesso era stato preso in ostaggio dal comandante della colonna dei nazifascisti e che mentre
veniva condotto a S. Stefano d'Aveto con la stessa, aveva inizio un fiero combattimento con i partigiani,
per cui la colonna stessa era stata decimata ed aveva dovuto retrocedere.
Il parroco Don Primo allora aveva disposto il raccoglimento dei feriti e dei morti, improvvisando
in casa sua (canonica) l'infermeria. Infatti io trovai nei vari letti e stanze, una quantità
di feriti più gravi. Pregai il parroco di disporre in modo che mi si aprisse la scuola di fronte
alla sua canonica per poter medicare e ricoverare anche altri feriti che via via affluivano portati dai
borghesi. Posso attestare che la popolazione di Allegrezze guidata dal suo parroco
fece miracoli in quella sera e in tutta la notte successiva, mettendo a disposizione i pagliericci e
la biancheria occorrente a medicare e ricoverare ben 37 feriti gravi e a portare al cimitero sette
morti.
Furono tutti medicati dal sottoscritto con l'aiuto della popolazione e in modo speciale
dal parroco e da una donna che era stata presa in ostaggio certa Caprini Maria.
Nella notte stessa, con l'aiuto dell'interprete tedesco P. Tomas Ruckert, il sottoscritto potè
tenere dal tenente tedesco delle SS che apparteneva al Comando della colonna stessa, la promessa su
parola d'onore dello stesso, di liberare all'alba gli ostaggi presi e tra questi il parroco Don Primo
Moglia ed il giovane sacerdote Giovanni Barattini di Alpicella.
Tutto ciò in premio
dell'opera veramente encomiabile prestata da Don Primo e dalla popolazione della sua parrocchia
da lui guidata. Infatti, all'alba del giorno dopo, prima di partire io stesso recandomi alla sua
abitazione mi accertai personalmente che tale liberazione fosse mantenuta.
Purtroppo, il giorno appresso venne bruciato il paese, su ordine di un delinquente italiano che
comandava la colonna: Maggiore Cadelo.
Infrangendo la parola d'onore con il sottoscritto
impegnata in proposito dal Tenente tedesco delle SS a lui in sott'ordine, mentre al mattino del 29
agosto 1944 il parroco Don Primo Moglia celebrava la messa per la festa della Madonna della Guardia
presente tutti i suoi parrocchiani, faceva circondare il paese e appiccare il fuoco atutte le
abitazioni della frazione impedendo ai parrocchiani di altre frazioni di accorrere in aiuto per spegnere
gli incendi. La chiesa fu salva soltanto perchè il parroco si era adoperato come già
detto per i feriti. Così anche la scuola, la canonica e la stessa sua vita.
Giorni dopo assieme al parroco Don Primo Moglia, al becchino e al figlio del mio padrone di
casa sig. Costantino Zaraboldi, per mia iniziativa ci recammo in
località "La Cava" per raccogliere il cadavere del partigiano Berto, che su ordine
del su menzionato Maggiore Cadelo, era stato lasciato sulla strada con minaccia per chi lo avesse
toccato e gli demmo onorata sepoltura. La bara fu fabbricata dallo stesso Costante Zaraboldi
gratuitamente.
Un mese dopo circa, tanto il sottoscritto (che aveva rimesso di proprio tutta la medicazione
dei feriti stessi) che il Zaraboldi e il padre suo, vennero arrestati assieme al parroco di
S. Stefano d'Aveto ed al parroco di Pievetta sotto l'accusa di collaborazione con i partigiani
e non vennero fucilati insieme ad altri otto disgraziati del luogo, solo perchè nel frattempo
il Maggiore Cadelo (che aveva dato ordine di fucilazione) venne ucciso in imboscata dai
partigiani.
In fede di quanto sopra firmato Dott. Prof. Vittorio Podestà *
* Medico Chirurgo Radiologo - Docente nella Regia Università di Genova - Perito Medico Giudiziario
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Pagina pubblicata il 1° febbraio 2008
(ultima modifica: 27.08.2008), letta 7602 volte
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