Valdaveto.net > Caccia e pesca > La pesca a mosca: breve storia dalle origini ai giorni nostri
di Ephemerella Ignita
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Com'è facile intuire, le origini della pesca a mosca si perdono nella notte dei tempi. I primi riferimenti a questo tipo di pesca si possono incontrare in un libro intitolato "Natural History" di Aelian, autore
questo che, va detto, godette fama di essere un "furbastro" che, più che altro, si dedicava a "pescare" un poco di tutto negli altrui scritti senza curarsi di chiederne il permesso agli autori, eventualmente ancora viventi.
Nel libro si parla di pescatori macedoni che catturavano pesci nel fiume Astraenos, pesci che si cibavano di una mosca tipica di quella zona (Hippouros) e che imitavano fissando della lana color carminio, attorno ad un gancio;
sopra la lana fissavano poi due piume di gallo color crema.
Risulta piuttosto difficile cercare di immaginare quale aspetto avessero quelle imitazioni, giacchè non abbiamo la minima idea di come
siano le Hipporus reali.
Un certo Fred Buller si mise a investigare incontrandosi con due possibili candidati al
titolo di Hipporus assieme a tre tipi di imitazione della mosca macedone, dovute, la prima a David Beazley, per un tempo custode del Flyfisher'club, e che imita una specie di Tafano vivente in Macedonia (sarà poi questa la mosca Hipporus?) le altre, suggerite da Fred Buller è la Episyrphus balteatus, il quale chiese all'editore di The Flyfisher's Journal, Kennet Robson, di pubblicare queste sue imitazioni.
Per posare tale mosca sul pelo
dell'acqua utilizzavano una canna lunga circa sei piedi, con una
lenza di pari lunghezza. Bisogna anche dire che, sino a poco tempo
fa, ben poco si sapeva attorno a questo tipo di pesca, infatti il suo
svilupp è molto recente, praticamente dal XIX secolo in
avanti.
Dagli scritti più antichi pervenutici, si ricava che
questa pesca veniva praticata già dal principio del
secolo XIII. Su ciò che avenne prima, salvo eventuali ulteriori
ritrovamenti bibliografici, si può solo lavorare di fantasia,
e non si cade certo in errore, nel pensare che, anche fra gli uomini
primitivi, ci sia stato qualcuno, dotato di particolare spirito di
osservazione, che abbia notato degli insetti che, posatisi sulla
superficie di un fiume, venivano inghiottiti, e certamente, non gli
saranno sfuggiti quei cerchi, che oggi noi chiamiamo, in gergo, "bollate"; cerchi formati dai pesci che venivano alla superficie, per catturare tali insetti. Poichè, in tutti i tempi, com'è
ben risaputo, la fame aguzza l'ingegno, avrà forse pensato
che, un poco di pelo fissato attorno ad una robusta spina, ben
arcuata, poteva apparire, agli occhi dei pesci, come una imitazione
appetibile; trovandosi, il nostro primitivo antenato pescatore, a
dover risolvere quelli che sono i problemi fondamentali della pesca a
mosca: imitare gli insetti, in maniera quanto più verosimile,
e farli cadere in modo da convincere il pesce a sferrare l'attacco
per prenderli.
Su tutto questo però non possiamo dire nulla di
certo, a parte l'osservazione, che in quei tempi, le rive dei fiumi
abbondavano di canne di bambù, che con le loro esili e
flessibili cime avranno suggerito qualcosa, al nostro acuto e
affamato osservatore.
Lasciamo ora il verosimile e veniamo a ciò
che conosciamo con sicurezza.
Un primo riferimento si trova in un
testo scritto attorno al 1210 da Wolfram von Eschendbach, nel quale
si parla di un certo Schionatulander, che andava a piedi nudi lungo
un fiume per pescare trote e temoli con una mosca.
Esistono poi testi
successivi al 1360 che parlano di pesca a mosca con il "metodo
usato dal popolo" lungo una vasta regione che andava dalla Svizzera
sino a quella che, già allora, era chiamata Siria. La pesca a
mosca in Gran Bretagna nei secoli XIV e XV è documentata da
almeno una decina di antichi manoscritti, peccato che nessuno di
questi descriva la tecnica usata limitandosi a dire che questa pesca,
largamente diffusa, aveva raggiunto un certo grado di sofisticazione.
Esistono almeno tre trattati del secolo XV che menzionano la pesca a
mosca, in Gran Bretagna, uno di essi, il I, conservato nella
biblioteca britannica (Harly 2389), descrive come pescare la
trota... in giugno, luglio, agosto, nella parte alta dell'acqua, con
una mosca finta, confezionata con un amo rivestito di sete di vari
colori, piume ed altri materiali, che rassomigliano ad insetti che si
trovano sull'acqua in questi mesi...
Il II trattato "Medicina
Piscium" (testo in latino) conservato nella bilioteca di Bodleian
(Rawlinson C506) descrive mosche per trote e salmoni... se si
vuole andare a pescare, nella giusta stagione, si deve rivestire
l'amo con piume di pernici o gallo silvestre, facendo attenzione
che tali piume siano di colori simili a quelli degli insetti che si
vogliono imitare, la stessa cosa vale per i colori della seta con cui
vengono legate le piume dell'amo...
Il III tomo è "A Treatyse on Fysshynge with an Angle". Agli
effetti pratici non conosciamo molto sulla pesca a mosca nel perioso
compreso fra la pubblicazione del citato III tomo e la fine della
guerra civile inglese. Sappiamo che durante tale periodo ci furono
cinque uomini che scrissero su tale tipo di pesca: Thomas Barker,
Colonel Robet Venables, Charles Cotton e Richard Frank. Poco sappiamo
pure della pesca a mosca prima del 1600, sappiamo però che il
tipico moschista del XVII secolo probabilmente usava canne di 14
piedi (3,6m) o forse anche più lunghe, alla cima delle quali
veniva fissata una lenza fatta con crini di cavallo intrecciati,
iniziando la parte più grossa con 7 o più crini e
diminuendo il numero, via via sino a terminare con tre o anche meno.
Tutte queste lenze venivano costruite in casa e sebbene la prassi
fosse quella di utilizzare crini di cavallo, talvolta venivano
fabbricate in seta o mescolando seta e crine.
Queste lenze erano in
genere lunghe il doppio della canna, a volte si faceva in modo che la
lenza scorresse liberamente attraverso un anello posto sulla punta
della canna, sostenendo la parte libera con la mano sinistra, e
lasciavano, cosa che sembra abbastanza ragionevole, che la lenza e
quindi la mosca si muovessero portate dal vento. A volte la mosca non
veniva lanciata ma semplicemente posata sull'acqua e poi
recuperata. Quello che noi oggi chiamiamo "il falso lancio" fu
inventato molto più tardi nel XIX secolo. Molti pescatori si
fabbricavano le loro canne. Quella tipica consisteva in un bastone
ricoperto di un sottile avvolgimento di cuoio, oppure dipinto,
secondo la tradizione dei fabbricanti londinesi dell'epoca.
Charles
Cotton si serviva di canne a una sola mano, la cui lunghezza arrivava
anche a 18 piedi di lunghezza (5.4 metri), questo però non era un
fatto abituale, di solito, le canne erano molto più corte. Per
le canne da mosca si consigliava di usare legno di nocciolo, poichè
con questo materiale si potevano fabbricare canne lunghe e leggere
abbastanza maneggevoli con una sola mano. Gli ultimi 2 piedi (60 cm circa) della punta venivano tagliati e sostituiti da un piccolo
segmento di legno di ciliegio o melo selvatico, altre volte la punta
di questo segmento era sostituita da un osso profilato di balena.
Quando c'era, si fissava il mulinello alla canna, con una striscia
elastica di cuoio, o di qualche altro materiale in modo che potesse
essere posizionato sul manico della canna stessa. Le prime canne del
secolo XVII non avevano anelli guida tranne, in qualche caso,
l'anello di punta.
Le canne con anelli guida apparvero alla fine
del secolo; questo fornì ovviamente ai pescatori un migliore
controllo della lenza durante la lotta con le prede, senza per altro,
aver alcuna influenza sulla lunghezza del lancio data la qualità
del materiale con il quale erano costruite. In effetti i primi anelli
faticarono molto ad imporsi in quanto impedivano alla canna, sotto
tensione, di flettersi correttamente.
Attorno alla metà del secolo XVIII apparve una notevole differenziazione nei tipi di
canna, di pari passo ad una selezione nella scelta dei materiali
adatti alla costruzione delle diverse sezioni di una canna; si
cominciarono a vedere canne fatte ad innesto anche se questi ultimi,
a volte di legno, a volte di bronzo, erano decisamente inaffidabili.
In quell'epoca la canna media da trote poteva misurare 12 piedi, se
portava una lenza terminante con due o più crini, nove piedi
quelle con lenza che terminavano con un solo crine e 17 piedi quelle
adatte a pescare salmoni. Per confezionare i manici, generalmente si
utilizzava salice mentre il nocciolo ere usato per i cimini con la
parte finale in osso di balena.
Si cominciarono a costruire cimini di
bambù, però solo per le canne da salmone. Un pescatore
abile, si raccontava poteva, con una canna di 16 piedi, lanciare
circa 12 yarde di lenza con una sola mano, e anche 17 yarde con due
mani. C'è peraltro da chiedersi chi potesse aver voglia di
maneggiare, con una sola mano, una canna lunga 16 piedi. Nel 1600
fecero la prima comparsa le prime fabbriche specializzate in
equipaggiamenti da pesca, mentre nel 1700 il commercio di atrezzature
da pesca era già un fatto ben avviato; nell'epoca di Walton
già esisteva un buon numero di venditori e fra questi la
grande firma USTONSON, impresa questa che cominciò la propria
attività attorno al 1760 arrivando ad essere la fornitrice di
Re Giorgio IV.
Lasciamo momentaneamente le canne per tornare alle
mosche, parleremo dei mulinelli un poco più avanti. Non
abbiamo molte notizie sul modo in cui si facessero "lavorare" le
mosche, ad esempio se risalendo o discendendo la corrente,
probabilmente lanciavano "a scendere", però visto che
dovevano avere il vento a favore, talvolta erano costretti a lanciare "a salire". I bravi pescatori infatti cercavano di lanciare
tenendo il sole diffronte e lo facevano "frustando" in maniera
che la mosca avesse poco tempo per sommergersi, e con grande velocità
per evitare che la mosca si imbevesse di acqua. Ai giorni nostri si
pregano tutti gli dei perchè non ci siano condizioni meteo di
quelle che ti costringono "a far su tutto e tornartene a casa"
(vento e acque torbide) allora invece un giorno ventoso era un ottimo
giorno perchè come già si è detto, offriva le
migliori condizioni per nascondersi ai pesci, e il vento di spalle,
aiutava lo sfarfallamento della mosca.
A noi oggi tutto questo può
apparire perlomeno strano, però ci vollero due secoli perchè
questo modo di pensare cambiasse. La maggioranza dei pescatori
dell'epoca pescava trote, a volte anche salmoni, ci si può
facilmente immaginare quale doveve essere la lotta per recuperare
pesci di quelle dimensioni, avendo a disposizione strumenti del tipo
di quelli descritti in precedenza.
Molto interessante è il
fatto che i consigli dati nel "Treatyse" non sono molto dissimili
da quelli che incontriamo negli attuali trattati, fra i quali, quelli
di tenersi il piu' lontano possibile dalla vista del pesce, di
evitare che la propria ombra si proietti in acqua, ossia di non
pescare mai avendo il sole alle spalle. Effettivamente c'è
da avere grande ammirazione per i moschisti di quell'epoca che
avevano l'abilità di catturare pesci pur possedendo una
atrezzatura che, ai nostri occhi, appare totalmente inadeguata.
Walton, che si convertì molto tardi alla mosca, fece una lista
con i 12 tipi del "Treatyse", più tardi Cotton scrivendo
la quinta edizione del Complete Angler ci presenta 65 titi di mosche
per trote cominciando così a creare una certa diversificazione
di modelli.
Sono pochi i particolari in nostro possesso sulle mosche
da salmoni, possiamo evincere, dai pochi scritti che avevano un corpo
grosso fatto con pelo di orso, forse fissato con filo di seta tinto,
con un giro di piuma di gallo o fagiano, o pernice o con altre piume
purchè dai colori sgargianti, mentre le alucce erano fatte con
ali di gazza, oca selvatica o falcone. La mosca sommersa dotata di
ali apparve alle metà del secolo XIX e con essa iniziò
anche l'evoluzione della mosca per salmoni.
Si può dire che
questa fu un'epoca di grandi sperimentazioni. Abbiamo visto prima
che i pescatori usavano fabbricarsi le loro lenze generalmente con
crini di cavallo, la rivoluzione industriale cambiò tutto, la
facilità nella costruzione di macchine portò come
conseguenza, per la pesca a mosca, la comparsa di una grande gamma di
lenze affusolate già pronte che avevano il pregio di poter
essere lanciate con maggiore precisione rispetto a quelle fatte a
mano.
La metà del XVIII secolo segnò la fine delle
lenze piatte, e fece la sua comparsa la lenza a doppio fuso, dando al
pescatore la possibilità di rovesciarla, una volta logorata.
Al principio del secolo XVIII erano comparse le lenze intrecciate sia
di seta che di crine, e al principio del XIX secolo entrambe erano in
vendita.
Queste ultime avevano un grande inconveniente: troppo
leggere per poter essere lanciate facilmente e conservavano troppo a
lungo le pieghe prese sul mulinello, dall' altra parte le lenze di
seta assorbivano troppa acqua diventando troppo pesanti per poterle
lanciare; questo problema trovò soluzione nel 1890 quando
comparvero lenze di seta finemente intrecciate.
Qual'è la
grande differenza fra la concezione della pesca a mosca dell'epoca,
e la nostra attuale?
Allora i moschisti si auspicavano di avere un
vento forte abbastanza da increspare la superficie del fiume, in modo
che questa increspatura potesse occultare le loro manovre di
avvicinamento, e quando questo accadeva, "pregavano" il dio del
fiume perchè facesse soffiare il vento nella giusta direzione.
Oggi per noi moschisti, il vento è il peggior nemico. Ci
vollero secoli perchè si arrivasse ad avere una attrezzatura
tale da permettere di pescare "nel vento".
A lasciare una nota
sul lancio, fu per primo, Lawson nel 1620, si tratta proprio di una
nota lasciata al piede di un poema di John Dennys, ed è un
vero peccato che non abbia scritto di più. Giacchè da
queste poche righe si può dedurre che doveva essere un
esperto.
Questo moschista inglese consiglia di pescare con una lenza
di lunghezza almeno doppia di quella della canna, dello spessore
finale di tre capelli, di farlo in una sera scura e ventosa e
soltanto dopo che un esperto ci abbia insegnato come si deve lanciare
una mosca.
Se fabbricare canne era cosa di notevole importanza, non
passò molto tempo che si cominciò a capire la
potenzialità del mulinello, nel 1726, in alcuni periodici
locali, Kirby cominciò a reclamizzare i propri come "la
migliore gamma di manovelle". Nelle seconda metà del 1700 si
reclamizzavano manovelle di bronzo di svariati disegni. Fu durante il
secondo quarto del 1700 che la pesca cominciò ad essere una
attività popolare, con la comparsa di negozi che contribuirono
all'espansione di questo sport.
Con molta probabilità fu nel
1750 che si ebbe una invenzione rivoluzionzria "il mulinello
moltiplicatore" che rappresentò la reazione al disegno molto
povero dei semplici mulinelli dell'epoca, mulinelli che avevano il
loro massimo punto debole nel difficile recupero della lenza, quando
venivano estratte molte yarde della stessa. Alla fine di questo
secolo molti pescatori avevano cominciato a comprare mosche, da
mercanti specializzati in atrezzature da pesca, invece di
costruirsele.
Si può affermare che questo fu un secolo nel
quale si ebbero grandi progressi perciò che riguarda canne,
lenze e mosche. Nel 1790 qualsisasi pescatore a mosca avrebbe potuto
aprire la propria scatola e mostrare una selezione di modelli di
mosche di Cotton, senza destare alcuna meraviglia, 40 anni dopo si
sarebbero burlati di lui.
Gli anni compresi fra il 1851 e il 1900 1 costituirono un'epoca di grandi cambiamenti nel mondo della
pesca a mosca, vennero coancellate convinzioni radicate da secoli, si
scorì il "falso lancio" apparve la tecnica della "mosca secca o galleggiante", si perfezionarono le canne con più
segmenti, in fine, apparvero dei mulinelli che possiamo considerare
abbastanza simili a quelli moderni.
Verso il 1900 già
esistevano canne specializzate per la pesca con la mosca, e nessuno
più pensava di usare una canna da mosca per qualsasi altra
forma di pesca. Per quanto riguarda la stampa, alla data 17 dicembre
1853 comparve il primo articolo (The Field), dedicato alla pesca con
mosca galleggiante dal titolo "The Hampshire Flay Fischer", in
esso l'autore racconta "...d'altra parte per quanto riguarda la
tecnica con la mosca, a salire, a meno che non si stia utilizzando
una galleggiante, tutto risulta molto complicato..." Attorno a tale
epoca, da un punto di vista commerciale, i costruttori di di mosche
secchè già esistevano, infatti nel 1854 l'impresa
Fostrer's Heltenmam vendeva mosche secche dotate di alucce
verticali separate.
Malgrado ciò, ancora non ci è
chiaro a chi attribuire il merito di essere stato il primo a
sviluppare una mosca secca, non possiamo neanche assicurare che sia
stato merito di un solo uomo... Fu in Inghilterra che, nel periodo dal 1890 al 1930, si ebbe lo sviluppo più intenso della
mosca galleggiante e fu anche in quell'epoca che gli americani
cominciarono a sganciarsi dalle condizioni europee, sulla pesca con
la mosca, sviluppando loro idee e introducendo tecniche nuove. Sempre
in quel periodo in Inghilterra ci fu la riscoperta della pesca con la
mosca sommersa fatto dovuto all'inventiva di G.E.M. Skues,
considerato l'ideatore della pesca con la ninfa. Non c'è
dubbio che Skues (13 agosto 1858, agosto 1949) sia stato uno dei più
grandi moschisti del secolo scorso, le cui idee sono ancora oggi
validissime, anche se, come spesso accade, all'inizio non furono
ben accolte, anzi diedero origine a ferocissime dispute fra le
svariate scuole di pensiero.
Nel 1940 comparvero le prime canne in
fibra di vetro, ci volle tuttavia molto tempo prima che avessere
successo, in quanto i fabbricanti non sempre mostrarono gradimento
verso questo nuovo materiale.
La celebre casa inglese Hardy costruì
la sua prima canna in fibra di vetro solo dopo 14 anni ossia nel
1954. La prima canna Hardy in fibra di carbonio fece la sua comparsa
nel 1976 rappresentando una vera rivoluzione grazie alla diminuzione
di peso che tale materiale permetteva di ottenere. Si arrivò a
tale punto di leggerezza da costituire un problema, per valutare
infatti la manegevolezza di una canna si dovette arrivare a tener
conto anche del peso della coda di topo. Negli anni '80 fecero la loro
comparsa le canne in boron, però la cosa no ebbe un grande
seguito e si continuò a darer la prefererenzaa alle canne in
carbonio.
Effettivamente il periodo moderno è stato ricco di
sviluppi di nuovi materiali e tecnologie costruttive, certamente i
grandi moschisti del XIX secolo, i "padri fondatori" della pesca a
mosca moderna, oggi farebbero fatica a ritrovarcisi, anche se i
principi fondamentali non sono cambiati.
Il resto è storia dei
nostri giorni, possiamo concludere qui la nostra carellata, ogni
moschista sa benissimo come lo sviluppo delle tecniche e dei
materiali abbia preso un ritmo tale da rendere difficilissimo tenerne
il passo.
Note
[1] Per quanto riguarda lo sviluppo della pesca a mosca in Francia si rimanda all'articolo L'alba della pesca a mosca in Francia
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Pagina pubblicata il 24 settembre 2008
(ultima modifica: 01.04.2012), letta 14301 volte
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