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Cos'è la Storia?
Un insieme assortito di date e nomi roboanti o un mezzo per conoscere e riconoscersi?

Iniziai dalla "Piccola Historia della Parrocchia di Priosa" per conoscere le mie origini e perchè intrigato da una questione di 'termini', ossia pietre divisorie, e parentele.
Dopo aver indagato fra zii e parenti per ricostruire interi gruppi familiari (Repetto, Biggio, Sbarbaro, Ferretti, Badaracco, Cella) fatalmente m'imbattei nell'Archivio Parrocchiale: fu allora che venne a galla la storia/leggenda dei tre banditi romani che, sfuggendo alla giustizia d'altri Stati, avevano fondato alcuni villaggi.
In chiesa, si diceva, esistevano documenti che confermavano questa verità: grazie a don Emilio Coari indagai per qualche tempo.
Tempo dopo l'Archivio Parrocchiale di Priosa prese la strada di Bobbio.

Mi recai all'Archivio di Stato a Genova e scoprii che nella "Pianta dei confini della Podestaria di Neirone e del Capitaneato di Rapallo e siti controversi con le castellanie di Torriglia e Santo Stefano" (anno 1725) del Capitano Ingegner Matteo Vinzoni, erano segnati, ai margini del Capitaneato di Rapallo, i villaggi della Parrocchia di Priosa, facenti parte dell'allora marchesato di Santo Stefano d'Aveto.
Capii che la Storia aveva attraversato la Valle più di quanto dicessero i pochi libri che trattavano di Val d'Aveto.
Iniziai a cercare notizie relative al"Marchesato di Santo Stefano", e per farlo mi gettai sulle filze relative alle attività dei banditi intorno al 1580: non eravamo un tempo terre di banditi?

Vennero alla luce centinaia di processi e denunce, un mondo affascinante governato dalla vendetta tra le 'parentelle' (fra quelle valli era segno di distinzione chiamarsi 'parente' sino a non molto tempo fa).
Grazie ad un'intuizione proseguii oltre i 'banditi' per arrivare ai 'Notai Antichi'.
Incontrai così Nicolò Repetto di Calzagatta notaro, 'pro actuaro' nel marchesato di Santo Stefano ed in Torriglia, che attraverso i suoi atti mi svelò usi e costumi della mia gente intorno alla fine del 1600.
 Matteo Vinzoni Cartografo
Ritrovai Matteo Vinzoni e la sua Cartografia e decisi di farli oggetto di una mostra (agosto 1999, Rezzoaglio) che descriveva, fra l'altro, l'importanza delle strade che attraversavano la Val d'Aveto sino oltre la metà del 1700. [1]
A quel punto capii che eravamo davvero importanti.
La valle dell'Aveto era stata a lungo crocevia di traffici di notevole valenza e punto strategicamente importante se i 'francesi' di Napoleone vi avevano stanziato ben due brigate (una a Santo Stefano d'Aveto e l'altra a Cabanne) nel 1813.

Decisi, così, di spendere il mio tempo affinchè la mia gente, i valligiani, capissero di esser parte di un mondo le cui radici sono saldamente piantate nel tempo, il tempo in cui la Val d'Aveto era popolata di Castelli (Mileto, Rezzoaglio, Santo Stefano) , mulini, case torri e celle monastiche, chiese, casoni e tuguri, ed attraversata da strade che la collegavano al mondo.
Segni dell'esistenza di uno Stato Avetano che l'incuria ed il tempo hanno quasi cancellato.

Solo riappropriandoci di ciò che resta del passato, indagando tra i nostri 'vecchi', fonti mai abbastanza ascoltate di notizie preziose, potremo mostrare che la Val d'Aveto è ancora.   (... continua)

 

Chi è Sandro Sbarbaro? La mia attività: 1999 - 2000

 

Note

[1] La mostra ebbe corso soprattutto grazie all'aiuto di Graziano Fontana , Giovanni Ferrero e Agostino Vinzoni.
Il primo, neoeletto presidente della Pro Loco di Rezzoaglio, credette nel mio progetto.
Il secondo, storico insigne, mise a disposizione la sua Mostra itinerante su "Matteo Vinzoni cartografo" e fu prodigo di preziosi consigli.
Per quanto riguarda Agostino Vinzoni, storico e discendente del grande Matteo, cosa dire... se non che il suo entusiasmo nel far riconoscere l'opera dell'Illustre cartografo è a dir poco contagioso!.
Ebbi altresì la collaborazione degli impiegati dell'Archivio di Stato di Genova che supportarono e sopportarono le mie strampalate richieste: un grazie particolare alla sig.ra Greco, che all'inizio del mio percorso in Archivio (luglio 1997) fu oltremodo gentile, ed al sig. Fausto Amalberti.



Pagina pubblicata il 18 febbraio 2005, letta 8757 volte dal 23 gennaio 2006
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ire o da Ghierto o verso la vallata del Salto sino a giungere sul crinale fra le valli dell'Aveto e del Trebbia, percorrerlo per qualche miglio (presumibilmente lungo la cosiddetta via Patranica che, mantenendosi per lunghi tratti sul crinale portava, pressappoco, da Molassana a Piacenza) e quindi scendere alle Gaie.
Si poteva continuare attraversando ciò che oggi è il territorio di Villa Piano e Villa Brignole, in direzione Rezzoaglio, salire verso Casaleggio, superare il rio Stampa (altro toponimo d'età longobarda) dirigersi ad Alpepiana e di lì salire verso l'hospitale di Alpelonga posto in direzione Piacenza.
Oppure guadando l'Aveto presso il Passo dei Morti risalire verso Villa Cella in sponda destra all'Aveto, proseguire verso Costafigara e convergere su Rezzoaglio, da lì risalire verso Villa Noce e Amborzasco alla volta del passo dell'Incisa (ove era un'hospitale), o puntando su Alpicella salire al passo del Tomarlo (ov'era presumibilmente l'altro hospitale), oppure al passo del Chiodo, posti fra la catena del Maggiorasca e del Monte Penna e dirigersi su Piacenza o Parma (i monti Groppo Rosso e Groppo delle Ali, lì in zona, paiono derivare dal toponimo longobardo Kruppa).
I frati di San Michele de Cella (così nominati in una pergamena del 1251) debbono allo svuotamento del lago-palude della piana di Cabanne la loro fama, ed al contempo debbono considerare l'impresa come una delle cause del loro declino.

I nostri vecchi da sempre ci han tramandato, tramite le veglie notturne, dell'esistenza del lago: parlando di morti traghettati dall'approdo presso la 'Ca' da barca' di Priosa sino a quello della 'Costa delle Barche' presso Farfanosa e quindi portati a spalle sino alla chiesa da 'Razella' (la Cella), l'attuale Villa Cella.
I monaci come loro costume ne intrapresero l'opera di bonifica, facendo sgretolare le rocce del Masapello, secondo la tradizione popolare raccolta dall'amico Guido Ferretti, accendendovi sopra grandi falò, e probabilmente facendole repentinamente raffreddare versandovi sopra dell'aceto... tecnica che appresero leggendo trattati di ingegneria degli antichi romani (come mi suggerisce un colloquio avuto col prof. Gino Coppedè a proposito di taglio di strade nella roccia).
La bonifica del lago, eseguita nel volgere di qualche anno (pali di consolidamento dell'argine e canali di drenaggio sono stati messi in luce dalle piene dell'Aveto, come ha suggerito l'amico Giorgio Palazzo), portò, col tempo, all'abbandono dell'importante strada che dipartivasi dall'abbazia di Borzone e dal territorio di Borzonasca in val di Sturla, attraversati i paesini di Caregli e Stibiveri, giungeva al Passo delle Rocche o di Bisinella, quindi si dirigeva su Villa Cella dove i pellegrini ricevevano adeguato conforto.
Intanto l'antica chiesetta, o Cella, si era trasformata in Abbazia.
Un ramo della strada proseguiva verso Costafigara - Rezzoaglio, un altro si teneva a mezza costa per giungere, attraversando le Lame, ove sorse l'hospitale di San Bartolomeo in Lamis, e il territorio dell'Aiona, all'hospitale dell'Incisa e quindi dirigersi su Santa Maria del Taro, come variante si poteva puntare sulla Scaletta, oppure giungere al Chiodo e al Tomarlo e proseguire verso l'abbazia di Torrio.

L'Abbazia di Villa Cella (che pare abbia fornito abati sino all'Abbazia di Borzone ed abbia avuto fra i più autorevoli dei suoi un certo Manfredo da Lavania, poi Cardinale della casata dei Fieschi) dovendosi destreggiare tra le lotte di potere che a 150 anni dalla fondazione di San Michele de Petramartina si scatenarono in Aveto fra le consorterie dei Fieschi e dei Malaspina e la perduta Centralità, a cagione della nascita di nuove strade di fondovalle (direttrice Ventarola, Parazzuolo Cabanne), pian piano sparì dalla scena come già era successo ad Alpepiana che l'aveva preceduta nella parabola discendente.

In valle si affacciavano, intanto, i Della Cella nobile casata che condizionò le sorti dei Marchesati succedutisi in Aveto sin quasi alle soglie del 1700.

 


 

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Pagina pubblicata il 20 agosto 2004, letta 7898 volte dal 23 gennaio 2006
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