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Caccia alla lepre e vecchi fucili a Villa Sbarbari in Val d'Aveto

...e una curiosa notizia riguardante il gioco del bowling

di Sandro Sbarbaro

Presso il paese di Villa Sbarbari (Rezzoaglio - Genova) si racconta che il primo cacciatore tramandato alle cronache fu il Sciarbellin, ovvero Sbarbaro Gio Maria fu Giovanni, classe 1807, emigrato in America e là deceduto.
Le sue gesta furono tramandate dal Carlettu (Sbarbaro Carlo fu Carlo, classe 1856), anch'egli di Villa Sbarbari.

Si narra che il Sciarbellin possedesse un scieuppu a bacchetta, uno schioppo (un fucile) ad avancarica.
Come da procedura, inseriva la polvere dall'alto nell'unica canna, la pressava con la bacchetta che si estraeva dall'alloggiamento inferiore posto sotto la canna e quindi inseriva i pallini che venivano ulteriormente pressati.
Pare che Sbarbaro Gio Maria, detto Sciarbellin, in inverno praticasse la caccia alla lepre [1].
La lepre dei nostri monti infatti, contrariamente a quella alpina, Lepre comune non cambia il manto con l'approssimarsi della stagione invernale e quindi avvistarla, in un ambiente innevato, è certamente compito più semplice.
In queste condizioni l'animale è un facile bersaglio e ciò, data la scarsa precisione balistica dei fucili ad avancarica, era di grande aiuto ai cacciatori d'un tempo.
Le abitudini della lepre, inoltre, facilitavano ulteriormente il compito del cacciatore: giunta in prossimità del luogo dove è presente il tipo d'erba che preferisce, la lepre infatti svolge ripetute e veloci incursioni durante le quali mangia e torna ad acquattarsi presso un determinato nascondiglio appositamente scelto nelle vicinanze.
Il percorso della lepre, un ripetersi d'orme che vanno e vengono in un'unica direzione, sulla neve risulta facilmente individuabile.
Individuate le orme e trovato il nascondiglio, ai cacciatori d'un tempo non rimaneva che appostarsi nei pressi per avere buon gioco nel colpire e catturare la lepre.

Occorre ricordare che nei tempi passati avere un cacciatore in famiglia era un metodo per incrementare le scarse risorse della famiglia contadina.
Le prede (merli, pernici, fagiani, lepri) non sempre venivano cucinate. A volte erano vendute per ricavarne denari da spendere in generi d'utilità.

Un altro cacciatore del paese di Sbarbari che possedeva un fucile a bacchetta, era il Barba Cirillu (Sbarbaro Antonio fu Gio Batta classe 1876); smise di adoperarlo quando, baciato dalla fortuna, vinse una doppietta calibro 12 ad una lotteria.
Forse anche il Carlucciu (Sbarbaro Carlo fu Agostino classe 1881), altro vecchio cacciatore di Villa Sbarbari, possedeva uno schioppo ad avancarica.
Forse ne possedeva uno anche il Repettu (Repetto Agostino di Antonio classe 1863, della famiglia dei Tidella di Codorso).
Del Repettu si racconta che, infastidito dalle continue incursioni di un topo, una notte tese una trappola.
In un angolo della stanza mise un pezzo di dolce (i topi, contrariamente a quanto comunemente si crede, non amano particolarmente i formaggi e sono invece molto attratti dai dolci) ed al chiarore di una candela attese l'arrivo del topo. Ad una certa ora l'animaletto si diresse verso il cibo, ma... ahimé... il Repettu era in agguato.
Il "buon uomo" scaricò una fucilata verso il topo che sparì in mezzo ad un turbinare di polvere e tavole del solaio fracassate dal colpo giunto a bersaglio.

Il paese di Sbarbari da sempre era stato attratto dalla passione delle armi.
Occorre ricordare che nei primi anni del XIX secolo presso Sbarbari risiedeva una famiglia soprannominata l'armarolu (l'armaiolo).
L'ultimo rappresentante di questa famiglia (Sbarbaro Bartolomeo fu Stefano, nato nel 1808) emigrò in America con i suoi cari intorno al 1850.
Forse un suo antenato, tal Vincenzo Sbarbaro, era stato armarolo (armiere) nei primi anni del XVIII secolo presso il castello di Torriglia.
Probabilmente fu proprio Vincenzo Sbarboro che incorse in un incidente causato da uno schioppo che accidentalmente ferì una valligiana a Villa Sbarbari.
Il fatto è descritto nel documento che di seguito riporto.

 

 



Archivio di Stato di Genova, Notaro Repetto Nicolò, filza 13192, Doc. n. 203:



1704. 5 . Agosto

Nel nome del Sig[no]re sia
Essendo vero, che sotto li quattro Maggio pass[at]o trascorso nel mentre Vincenzo Sbarboro q. Bartol[ome]o della Parrochia della Priosa Giuris[diti]one di S[anto] Stefano.
Havendo nelli Sbigli [2] lanciata la palla di cui si serviva colpiva contro sua volontà, in un schioppo, il quale sparandosi feritte (ferì) Maria figlia di M[ast]ro Bernardo Sbarboro q[uondam] Lazarino mortalmente, e volendo esso Vincenzo, supplire alle spese, che per tal ferita è convenuto farsi da M[ast]ro Bernardo -
Perciò con[voca]to, alla presenza di me Notaro e testimoni infrascritti, detto Vincenzo, e M[ast]ro Stefano q[uondam] Vincenzo suo zio di padre, i quali vivono in comunione - et in ogni miglior modo- et in solido - spontan[eamen]te - hanno promesso, come promettono di dare, e pagare a d[ett]o M[ast]ro Bernardo e M[ast]ro Giuliano suo fratello pure qui presenti, e che accettano, et acconsentono - tutto quello, e quanto giudicherà, o sentenzierà, il Molto R[everendo] S[igno]r Giò Maria Guano moderno Rettore della Parrochia della Priosa, Giuris[ditio]ne di S. Stefano, per le spese fatte da d[ett]i fratelli a causa della ferita, et a quello stare senza niuna ecc[ezio]ne, e contr[aditio]ne senza potersene appellare - come così hanno una parte, e l'altra rispet[tivamen]te giurato tocche le scritture. Rinunciando a qualsi[vogli]a benef[ici]o di legge, e statuti - sia esteso - delle quali - me Nicolò Repetto Not[ar]o p[ubblic]o-
Fatto nella Villa de Casa de Sbarbori Parrochia e Giuris[ditio]ne, patria di d[ett]i frat[ell]i sudetti, cioè sopra della scala della casa appellata Sotto strada, ragioni delli eredi del q[uondam] Andrea Repetto padre di me Not[ar]o - l'anno della natività del Sig[no]re 1704 ind[itio]ne 12. , giorno di Martedì li cinque del mese d'Agosto ad hora di vespro - presenti M[ast]ro Pasquale q[uondam] Alessandro e Dom[eni]co q[uondam] Giò ambi delli Repetti alle sod[ett]e cose chiamati e rogati-

1704. giorno di lunedì li otto del mese di settembre circa la prima hora di nona (hora 24), con li dovuti lumi accesi et in casa di me Not[ar]o infra[scrit]to posta nella villa di Casagatta Parrochia della Priosa, e Giuris[ditio]ne di S. Stefano-

Nel nome del Sig[no]re sia
Il sud[ett]o Molto R[everend]o Sig.r D[om] Giò Maria Guano moderno Rettore, come sopra, visto sud[ett]o instrumento o sia compromesso in loi fatto, sotto li 5 Ag[ost]o, dalle sud[ett]e parti-
Vista ancora la lista delle spese del Chirurgo, e da questi sottoscritta, e considerato - ha dichiarato, come dichiara, che sod[dett]i M[ast]ro Stefano q. Vincenzo e Vincenzo q. Bartol[ome]o suo nipote di fratt[ell]o  Sbarbori, debbano, e siano tenuti come quelli obliga, a pagare, contribuire, e sborsare a sud[ett]i M[ast]ro Bernardo, e Giuliano fra[te]lli Sbarbori lire ottanta Mon[e]ta di Genova corrente in Genovese, cioè la meta (compreso però un scuto arg[en]to à nel d[ebi]to già pagato), tra qui ad otto giorni prossimi, in denari contanti, e l'altra metà a S. Michele prossimo venturo, e questa metà non pagandola in denari effettivi- siano tenuti darle tanta terra a giudicio di due Periti da elegersi da esso R[everen]do Sig[no]r Rettore - e questo per tutto quello possino pretendere d[ett]i fra[te]lli per sud[ett]e spese fatte e debiti - e così in ogni miglior modo -
Presenti per testimonii alle sud[ett]e cose chiamati, e rogati - Dom[eni]co q[uonda]m Giò, e Giò Ant[oni]o figlio di Ch[risto]ffaro ambi delli Repetti.


 

 

Note

[1] La caccia alla lepre durante la stagione invernale, come raccontatomi dall'amico Guido Ferretti, un tempo veniva praticata anche dai cacciatori di Casoni di Fontanigorda (vedi l'articolo di Guido Ferretti "La caccia al tempo dei nostri avi").

[2] Gli "Sbigli" rammentati dal testo del notaro, sono un gioco. Nel "Vocabolario genovese - italiano" compilato per la prima volta da Giovanni Casaccia, Genova, Tipografia dei Fratelli Pagano, 1851, pagg. 479-480, si legge:

Sbigge s. f. pl. Rulli, e Rulle, Sorta di gioco, che si fa con alcuni pezzi di legno, che si pongon diritti, e che si fanno cadere con una pallottola, o rocchetto, che si getta contro essi, che pur si chiamano Rulli, o Rocchetti. Lo stesso che Birilli, ma un poco più grossi.

Insomma... pare di capire che questo gioco sia l'antesignano del bowling!
Il gioco de "gli sbigli" si giocava a Villa Sbarbari, nel Marchesato di Santo Stefano d'Aveto, almeno dall'anno 1704.

 


 

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Pagina pubblicata il 28 marzo 2006, letta 14536 volte
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