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Poesia e traduzione, l'incontro impossibile?

Alcune considerazioni sulle innegabili difficoltà che si incontrano traducendo poesia

di Maura Rocco

Uno dei dibattiti concernenti la teoria della traduzione che coinvolge maggiormente gli addetti ai lavori e che provoca i dibattiti più appassionanti è senza dubbio quello sulla possibilità di tradurre la poesia o, per dirla come i meno ottimisti, sull'impossibilità di tradurla.
Ci sono fondamentalmente tre correnti principali di pensiero al riguardo:

  • la poesia andrebbe tradotta solamente da poeti (di tale opinione erano, ad esempio, i primi teorici inglesi della traduzione, prevalentemente poeti a loro volta),
  • la cosiddetta "traduzione di servizio" e
  • la traduzione fedele all'originale ma non di servizio, una traduzione sentita e che deve essere frutto di ricerca e dietro alla quale c'è uno sforzo notevole di avvicinamento all'originale.

"Una buona traduzione di una poesia può essere solamente opera di un poeta".

Tale affermazione mi trova in totale disaccordo, la trovo limitante e ghettizzante: chiunque conosca bene la lingua di partenza e la lingua di arrivo può cimentarsi nella traduzione, anche in quella più ostica della poesia.
In secondo luogo, dopo aver letto numerose traduzioni di celebri poeti, sono giunta alla conclusione che, maggiormente di quanto già accada nelle versioni di "non poeti" ci troviamo di fronte a opere che come non mai rappresentano il vecchio stereotipo del "traduttore traditore".
Nelle traduzioni opera di poeti ho potuto notare (conoscendo l'originale) come la vena creativa e lo stile del poeta fossero intervenuti pesantemente nella traduzione; sembra quasi che (e forse ciò è naturale, non ricercato) l'anima del poeta cerchi di convogliare verso la traduzione il proprio sentire,

La Gioconda
La Gioconda (Monna Lisa, Mona Lisa) di Leonardo rivisitata da Warhol, Magritte, Dalì e Botero

sovrapponendosi all'originale, quasi soffocandolo.

Parlando per ipotesi, immaginatevi un poeta futurista che avesse tradotto un sonetto di Shakespeare usando lo stile, i suoni e il ritmo tipici del futurismo.
Ci troveremmo davanti qualcosa che non è più un sonetto di Shakespeare, bensì un'opera nuova, una rivisitazione (forse anche pregevole), una reinterpretazione, un esercizio di stile. Qualcosa che mi ricorda la Gioconda di Andy Warhol o lo Star-spangled Banner di Jimi Hendrix: opere nuove a sé stanti, opere riviste e reinterpretate attraverso gli occhi di altri artisti, ma molto lontane dall'originale.
Se qualcuno che non ha mai visto la Gioconda ci chiedesse di poterla ammirare, quale quadro gli faremmo vedere?
Quale quadro ci illustra la tecnica pittorica, lo stile, la scelta dei colori, dei dettagli di Leonardo?
Ovviamente, nulla ci vieta, una volta ammirata l'opera originale, di vedere e ammirare le innumerevoli variazioni, che siano di Salvador Dalì o di Warhol.
La differenza con la poesia è però evidente: chiunque, di qualunque nazionalità, può ammirare un quadro e comprenderlo attraverso la propria esperienza, ma se non conosciamo una lingua straniera, o un particolare dialetto, ci è impossibile leggere poesie sulle quali non sia intervenuto un traduttore.
Ecco perché la poesia "contaminata" dal sovrapporsi di un altro poeta mi lascia dubbiosa e insoddisfatta: non conoscendo l'opera di partenza non potrò mai sapere se sto apprezzando l'originale o la rivisitazione di un altro artista.

Allo stesso modo mi lascia insoddisfatta la "traduzione di servizio", quella che mira unicamente a convogliare il significato, il messaggio, e tralascia volutamente ogni tipo di poeticità. Una traduzione fredda, senza anima.
Fedele al pensiero dell'autore, ma nulla di più che una trasposizione di una serie di concetti in un'altra lingua.

La traduzione fedele all'originale è invece il giusto punto d'incontro tra fedeltà all'originale e le innegabili difficoltà che si incontrano traducendo poesia.
Io ho cercato di tradurre alcune delle opere dei miei autori preferiti e mi sono attenuta a questo tipo di scelta riguardante la traduzione. Prima si traduce rimanendo fedeli al testo originale per esprimere in modo chiaro i concetti che l'autore voleva comunicarci, quindi si passa a ciò che si potrebbe definire cesellatura o limatura: si cerca di ricreare il ritmo originale, si cercano sinonimi più appropriati, si legge la poesia ad alta voce cercando di ricreare eventuali suoni ricorrenti nell'opera di partenza, si cerca disporre le parole in un altro ordine, di rispettare per quanto possibile la metrica scelta dall'autore.
Alla fine, con uno sforzo non indifferente, otterremo un'opera che, pur coi suoi limiti e le sue inevitabili lacune, è tuttavia molto vicina all'originale, o perlomeno tenta di avvicinarvisi per quanto possibile.

E qui si apre un dibattito nel dibattito: è possibile tradurre una poesia che rispecchi completamente l'originale?
La risposta, almeno per quanto mi riguarda, è "no". Le poesie che ho avuto la fortuna di apprezzare nella lingua originale perdono in ogni caso parte della loro bellezza nella traduzione, anche in quella più accurata e ben eseguita.
Ogni lingua è diversa dalle altre per struttura, suoni e ritmo. Nella traduzione si perde inevitabilmente qualcosa.
Tradurre poesie è, passatemi l'espressione, dannatamente difficile. Per quanto ci si sforzi ci sono degli ostacoli insormontabili legati alla lingua e alla sua unicità e, soprattutto, alla struttura stessa della poesia (metrica, rime, figure retoriche).

In conclusione, riferendomi al titolo, si potrebbe dire che l'incontro tra poesia e traduzione è e deve essere possibile, un incontro forse imperfetto ma è essenziale che avvenga: se ho potuto apprezzare poesie di autori tedeschi e russi è proprio grazie agli sforzi di traduttori che si sono impegnati a rendere in italiano opere scritte in lingue così lontane e diverse dalla nostra.
Traduzioni che ci trasmettono emozioni, non fredde trasposizioni senza anima.
Forse avrò perso qualche peculiarità del russo o del tedesco, forse la metrica era un po' diversa, forse non è stato possibile rispettare l'originale al cento per cento, ma ho potuto leggere qualcosa che mi ha comunque arricchito e ha gratificato il mio spirito.

 


 

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Pagina pubblicata il 3 aprile 2006, letta 20448 volte