Valdaveto.net > Caccia e pesca > Leggi sulla caccia e sulla pesca in Val d'Aveto al tempo dei Malaspina e di Giovanni Andrea III Doria
La piaga del banditismo che assillò la Serenissima Repubblica di Genova alla fine del 1500, fu fenomeno dai risvolti complessi. Per quanto analizzato nei suoi significati più profondi è sempre fonte di continue sorprese.
Studiando i processi ai banditi dell'epoca si ha la sensazione che nulla in fondo sia poi sostanzialmente mutato.
Ai nostri giorni si ripetono situazioni che sono l'esatta copia di azioni compiute allora, come se i banditi moderni attingessero ad una 'memoria collettiva degli atti banditeschi' che fluttua nell'etere con lo scopo di ripresentare schemi e comportamenti già adottati secoli or sono.
Gli archivi di stato conservano documenti, verbali e memorie dei processi dell'epoca. Dalla loro analisi si può dedurre che già nel 1500 si perpetuavano i sequestri di persona (con relativa richiesta di riscatto e spostamento dell'ostaggio in luoghi ritenuti via via più sicuri), già allora esistevano 'squadre speciali' con patenti per attuare la caccia ai banditi al di fuori dei confini dello stato, già allora i banditi venivano aiutati dai parenti per sfuggire alla cattura.
L'archivio di stato ci riporta il processo a Nicolao de Cella che dopo tre giorni di processo viene accompagnato in una delle celle del castello di Santo Stefano d'Aveto e la sua sorte non la sapremo mai.
La storia del banditismo si tramanda per tradizione orale permeando le leggende delle nostre valli, dove i banditi vissero come pesci nell'acqua.
Il banditismo fu un fenomeno sociale che interessò interi gruppi familiari, un vero e proprio volano economico per quelle valli: la ricettazione, la vendita della refurtiva nonchè le rimesse che i banditi inviavano ai parenti, consentirono uno sviluppo altrimenti impensabile.
Il bandito per quelle genti era una sorta di 'Robin Hood', colui che toglieva ai ricchi per dare ai poveri, tanto più esaltato in quanto, spesso, membro della propria parentela.
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Pagina pubblicata il 10 agosto 2004, letta 6210 volte dal 23 gennaio 2006
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Di pesca proibita si parla anche in "Statuti di Santo Stefano di Val d'Aveto", manoscritto (Biblioteca civica Berio, Genova) del XVII secolo compilato in base ad un originale (Biblioteca civica di Alessandria) probabilmente del XIV secolo.
Nell'intestazione della Rubrica 54, modernizzando il linguaggio, si legge:
Dei furti e latrocinii da non farsi e delle reti da pesca da non essere rubate.
Riporto a seguire la trascrizione dell'estratto dalla "Rubrica 54. De li furti e latrocinî da non essere facti e de le tensure de li pesa da non essere cerchati" in "Statuto de Santo Stefano de Vale de Aveto", Biblioteca civica Berio, sezione Conservazione, Genova, pagg. dalla 109 alla 112.
Statuito e ordinato è che se alcuno furtivamente alcuna
cosa ad alcuno piglierà o exporterà via de nocte extracte fora herbe de orti, paglie, coli, gette,
pesa [1], uve, fructi e ligne [2] sia
condennato per lo podestà in libre dexe se lo furto, sia latrocinio, monterà la valsura [3]
de dinarî XII, e se de dì tale furto facto serà [4] sia punito lo
ladro in soldi cento
sive libre [5] cinque. Se lo latrocinio non monterà la summa de
libre dexe sive libre
10 e da libre dexe in su sia condennato in arbitrio del podestà sel serà facto de dì o sia de nocte lo
dicto latrocinio. Ma se lo latrocinio serà de men valuta de dinarî XII, o se erbe de orti o sia
paglie, panicale o vero cauli [6] o sia biete [7], pesci, uve o fructi o sia legni haverà furato [8]
de nocte sia condennato in sodi vincti sive 20 soldi. E se se de dì tale furto serà facto sia
condennato in soldi dexe sive soldi 10 e se de nocte alcuno cercherà o sia leverà bertaveli [9]
o sia tensura de altri rendute a pesci sia condennato in soldi dexe sive
soldi 10 e nientedimeno in ciascuno de li dicti casi che se conseconteno [10] in lo presente capitulo
lo ladro emende [11] lo danno a chi lo haverà substenuto e quello che
dicto de fruti se intenda de
pire [12], pome [13] e simili e non
de biave ni de castanie [14]. Inteiso etiamdio exprexamente che
queste cose non habieno loco in li publici latrocini ni in robarie de stracta. E ciascaduno chi
scientemente la cosa involata [15] sia talmente tolta da lo latro
receverà e recepterà de quelle pene como lo ladro sia punito.
(trascrizione di Daniele Calcagno, anno 2001)
Note
[1] pesa: pesci
[2] ligne: legne
[3] valsura: valuta, prezzo
[4] serà: sarà
[5] libre: lire
[6] cauli: cavoli
[7] biete: bietole
[8] furato: rubato
[9] bertaveli: bertuèlli, bertabelli, reti
[10] consecunteno: conseguono
[11] emende: emenda
[12] pire: pere
[13] pome: pomi, mele
[14] castanie: castagne
[15] involata: rubata
Links
- L'antica riserva di pesca a Cabanne
- Confini, itinerari, muli e carovane fra Aveto e Trebbia - Da una relazione sei-settecentesca riguardante la Chiesa di Casanova di Rovegno
- La melica appare già dal 1793 nella giurisdizione di Santo Stefano d'Aveto
- Le scuole ad Alpepiana, Rezzoaglio e Santo Stefano d'Aveto nel 1856
Pagina pubblicata il 14 settembre 2006
(ultima modifica: 31.05.2008), letta 5473 volte
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