Valdaveto.net > Eventi e manifestazioni > Archivio eventi (anno 2007) > Salone dell'agroalimentare ligure, Finale Ligure Borgo, 16 - 18 marzo 2007
di Sandro Sbarbaro
fotografie di Sandro Sbarbaro
Dal 16 al 18 marzo 2007 si è svolta a Final Borgo (Savona), presso il complesso monumentale di Santa Caterina, la
III edizione del Salone dell'agroalimentare ligure .
In quest'ambito i produttori della Val d'Aveto, della Val Graveglia e della Valle Sturla hanno presentato una piccola ma significativa rassegna di prodotti tipici: vari tipi di farine, fagioli, formaggi e "sarasso" provenienti da Santo Stefano d'Aveto; funghi, varie qualità di miele, idromele e marmellate provenienti da Rezzoaglio; nocciole e gustosi
torroni provenienti da Mezzanego; miele e vini provenienti dalla Val Graveglia.
I visitatori, incuriositi in specie dal San Stè, dai funghi porcini messi a disposizione dal Consorzio dei funghi di Rezzoaglio, dall'idromele, dalle farine tradizionali e dalle nocciole, hanno dimostrato di apprezzare lo stand.
L'esperienza insegna che far meglio conoscere i prodotti della propria terra è un passo indispensabile se si desidera alimentare il flusso del turismo gastronomico.
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Pagina pubblicata il 27 marzo 2007, letta 4274 volte
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Lo squero è il tipico cantiere per imbarcazioni a remi della città di Venezia.
L'etimologia del nome è legata probabilmente alla parola dialettale squara, ossia la squadra, strumento di lavoro fondamentale per i maestri d'ascia. In origine, lo squero indicava genericamente il cantiere navale per la costruzione, la manutenzione e il ricovero delle imbarcazioni di ogni dimensione, sia a remi che a vela, spaziando dai piccoli sandołeti fino alle grandi galee da guerra. Con l'accentramento nell'Arsenale dell'attività cantieristica per le navi più grosse, sia militari che mercantili, l'ambito degli squeri si specializzò sulle imbarcazioni più piccole, di uso privato.
Lo squero è caratterizzato da un piano inclinato verso il canale o il rio per la messa a secco e il varo delle barche. Alle spalle del piano, recintato su due lati, è presente una costruzione in legno coperta e aperta verso il piano di varo, detta tesa. La tesa costituisce allo stesso tempo la zona di lavoro vera e propria, al riparo dalle intemperie, e il deposito degli attrezzi. Tipicamente, le abitazioni contigue o, dove presente, il piano superiore dello squero fungono anche da abitazione del proprietario o del capomastro.
Ai tempi della Repubblica di Venezia gli squeri erano diffusi su tutto il territorio urbano, come testimonia tuttora la toponomastica cittadina con le numerose Calle del Squero presenti un po' ovunque. C'era però una particolare concentrazione a Castello, nella zona dove ora si trova la Riva dei Sette Martiri, a Dorsoduro e alla Giudecca, sul lato rivolto verso la parte sud della laguna. Col passare del tempo, sia per la drastica riduzione dell'impiego delle imbarcazioni a remi, limitata oggi all'uso turistico o sportivo, sia per l'avvento di nuovi materiali di costruzione come la vetroresina, le attività degli squeri si ridussero sempre di più, provocandone una drastica riduzione di numero.
Attualmente nell'ambito cittadino, insieme ad alcuni cantieri minori, sopravvivono solo cinque squeri propriamente detti: tre a Dorsoduro e due alla Giudecca.
I tre squeri di Dorsoduro sono lo squero Tramontin, agli Ognissanti; il confinante squero Bonaldo, sempre agli Ognissanti e lo squero della Cooperativa Daniele Manin, noto anche come Squero di San Trovaso. Questi squeri producono quasi esclusivamente gondole.
I due squeri della Giudecca sono lo squero Crea, proprietà del notissimo regatante Gianfranco Vianello detto Crea, che è anche l'unico a consegnare le gondole complete di tutti gli accessori compresi remi e forcole, e lo squero Costantini-Dei Rossi, molto fedele alla tipologia classica dello squero. Questi due sono anche gli unici squeri a produrre in quantità significative non solo le gondole ma anche le altre imbarcazioni tipiche della laguna di
Venezia.
Sebbene quanto pubblicato su Valdaveto.net mi sembri molto più realistico ed etimologicamente corretto rispetto a quanto da me recuperato, mi sembrava interessante e gradevole inviarLe anche questa 'versione'.
Note
[1] Sergio Rossi, Cucina di guerra nell'assedio di Montoggio del 1547, ed. La Lontra, 2005
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Pagina pubblicata il 17 maggio 2006
(ultima modifica: 08.06.2009), letta 10673 volte
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