Valdaveto.net > Usi, costumi, tradizioni, racconti e leggende > L'albero di Natale nei tempi andati in Val d'Aveto
Intorno agli anni 1930 - 1935 le famiglie del paese di Sbarbari non navigavano certo nell'oro.
Nei giorni che precedevano il Natale i membri designati d'ogni casa si recavano a tagliare un alberello
di zenèiu (ginepro) per addobbarlo da albero di Natale. Le famiglie che n'avevano disponibilità usavano sistemarlo all'interno di
un vaso pressandolo bene con della sabbia, le famiglie meno fortunate reperivano un stagnun (un
secchio) e lo usavano alla bisogna.
Il vaso o il secchio erano fasciati all'esterno con carta colorata.
Il ginepro, ossia l'albero di Natale, veniva addobbato con arance e mandarini (a volte con alcune mele) che
sostituivano egregiamente le palline colorate; nessuna famiglia si sarebbe mai sognata di
impiegare parte del capitale necessario al sostentamento in frivolezze.
L'addobbo veniva completato con piccole scatole di torrone, cioccolatini e caramelle dalla
carta multicolore.
Questa parte degli addobbi non resisteva a lungo sull'albero poiché, dati i tempi grami, i marmocchi
d'ogni famiglia ben presto tendevano a svuotare le leccornie del loro contenuto lasciando appesa all'albero solo la carta multicolore.
Come tocco finale si spargevano sui rami del ginepro fiocchi di cotone per imitare la
discesa della neve.
Gli zii Irma, Italo e Alfredo Sbarbaro mi raccontavano quale evento eccezionale fosse, intorno al 1935, l'albero di Natale di casa Badaracco nel paese di Noci (parrocchia di Priosa d'Aveto).
Quest'albero era addobbato con vere palline multicolori e con un maestoso puntale; ciò perché le
figlie della Gianchetta Badaracco (Assunta ed Elisabetta) avevano mandato
in dono alla mamma gli addobbi multicolori da oltre Atlantico dove erano emigrate.
La Gianchetta, giustamente orgogliosa del suo albero di Natale, chiamava i bambini della
parrocchia a bearsi della vista dell'albero variopinto.
"Vegnì a vèi l'erberu...", ossia "Venite a vedere l'albero...", diceva ai marmocchi
di passaggio.
Un altro fatto eccezionale avveniva in quei tempi.
La maestra Maria Viale aveva approntato in chiesa un presepe fatto di cartapesta e
cartone che imitava le case della parrocchia con tanto di chiesa di San Giovanni Battista.
I bimbi n'erano affascinati e si recavano in chiesa con trepidazione.
Era il tempo della poesia: bastava poco per essere felici.
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Pagina pubblicata il 23 dicembre 2005, letta 6545 volte dal 23 gennaio 2006
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