Valdaveto.net > Usi, costumi, tradizioni, racconti e leggende > Raccolta di articoli apparsi su 'Il Giornalino della Val Vobbia' > Ricordi di altri tempi - Quando la vita era meno frenetica
di Maria Ratto
articolo tratto da Il Giornalino della Val Vobbia (n°11, inverno 1996 - 1997)
Un tempo, quando la vita era meno frenetica e meno stressante, ma molto più faticosa di ora, era facile trovare, in varie ore del giorno, precisamente dopo il pranzo e dopo la cena gruppi di uomini che trovavano il tempo di parlare tra loro, di discutere di lavoro, di politica e, perché no, anche di fare una partitina a carte o a morra, di fare una cantatina e magari anche qualche tiro birbone.
Era il tempo della civiltà contadina, ormai definitivamente scomparsa, ma
rimpianta da molti se non altro per la sua saggezza.
La vita di campagna era
un microcosmo.
Il contadino coltivava il grano, le patate, i legumi, la vigna, gli alberi da frutto, puliva il bosco, aveva la stalla e il pollaio.
Il
contadino era una specie di uomo universale: sapeva far di tutto, conosceva ogni
cultura. Secondo le ore della giornata e secondo le stagioni era contadino,
allevatore, frutticoltore, boscaiolo, carbonaio, ortolano, idraulico,
elettricista, muratore, falegname e spesso anche veterinario.
Cercava di
avere i figli con sé perché imparassero per tempo i segreti della natura e
quelli del lavoro.
Oggi è quasi impossibile immaginare quale immenso deposito
di sapienza agricola ed umana, quale passione, quale attenzione, quale scrupolo
nel lavoro fossero raccolti e custoditi nelle campagne.
C'era un'attenzione
per ogni particolare, lo scrupolo nel non sprecare nulla, una precisione nel
compiere certi lavori di semina, di potatura e di innesti.
Certo era un mondo
chiuso, concentrato, con uno spaventoso senso del possesso e una avversione per
tutto ciò che era straniero e che veniva da fuori.
Malgrado questo però i
contadini trovavano il tempo di aiutare le vedove e gli orfani che avevano
bisogno di braccia per compiere i lavori più pesanti.
Ora questo mondo ideale
ma faticoso è finito.
Ormai tutto è uguale, qui, come a Milano, a Roma, a
Parigi, a New York.
La televisione ci ha pianificato tutti e certamente non in
meglio.
Non c'è più l'amore per il luogo natio, la passione, la precisione e
l'attenzione per il lavoro ben fatto. Non c'è più lo spirito di conservazione.
Ora la storia umana è quella degli sprechi e delle perdite. Non si conserva
nulla, si getta tutto e poi si sente il rimpianto per tutto ciò che si è perduto
e che non ritornerà più.
La mente e le mani del vecchio contadino sembrano un
segno inattingibile di perfezione.
Ma in qualche paese, in certe tiepide
serate estive, c'è ancora chi si raduna nelle piazzette, si siede sui muretti, a
parlare di lavoro, del tempo andato, dei problemi del paese ormai irrisolvibili
perchè ora tutto è regolato dalla burocrazia e anche ciò che potrebbe essere
volontariato finisce per essere ostacolato da remore burocratiche.
Non
vogliamo essere "laudatores temporis acti" ma certamente un po' di nostalgia del
tempo passato e nel cuore di tutti. Nostalgia che ci fa dimenticare le grandi
fatiche per farci ricordare solo la parte migliore del tempo che non è più.
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Pagina pubblicata il 12 maggio 2005, letta 6322 volte dal 23 gennaio 2006
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